Forse un finale un po’ scontato. Sicuramente un linguaggio sublime, anche troppo. Dimostrazione di grande cultura, che forse fa anche un po’ soffrire noi comuni mortali.
Un turbinio di avvenimenti nell’arco di un paio di capitoli in cui ci si chiede perché? Quali passioni sono descritte?
È possibile che due ragazzi si facciano tutto questo? Coscienziosamente? Probabilmente sì, ma qui non si riesce a comprendere il motivo. Semplice sodomia? Non si percepisce, non si entra in contatto con nessuno dei due protagonisti. Con nessuno dei personaggi.
Non che sia un libro brutto ma, parlando di passioni, manca di empatia. Forse tutta la storia era un lontano ricordo dell’autore.
È rimasto nel cassetto per molti anni.
Tomasi di Lampedusa lo definiva “narrante di storia squallida”. È vero, è squallida. Forse manca l’empatia in La Doppia Seduzione proprio perché tutti noi temiamo la parte squallida e masochista all’interno di ognuno.
Forse siamo tutti destinati a conoscere la metà di noi stessi che ci annienterà – almeno in forma letteraria.
Stefania Grosso