Questo non è un semplice festival di letteratura in una delle città più scenografiche al mondo. Questo è un viaggio, un percorso da fare tra culture, mondi diversi e libri. E’ un viaggio alla scoperta. Quindi non farò un reportage dei vari incontri, non vi parlerò di ogni singolo autore, riportando le loro opere e le loro parole ma vi descriverò dei momenti speciali con gli scrittori in questa nona edizione di Incroci di Civiltà a Venezia.
Commovente e intenso l’appuntamento con Khaled Khalifa, scrittore siriano, che con coraggio continua il suo lavoro e la sua vita in Siria, soffrendo per la situazione che tutti conosciamo. E’ difficile descrivere il coraggio di quest’uomo, che sorprende con frasi acute e ci riporta ad una realtà che spesso vediamo troppo lontana. Emblematica la sua frase “Dentro la Siria ho sempre speranza, fuori la perdo sempre”.
E l’ammirazione e la speranza crescono nelle sue parole, perché lui ci crede, perché milioni di persone continuano a credere che “la Siria la ricostruiremo meglio”.
Dalla Siria si torna a Venezia con Doron Rabinovici e Arnold Zamble. Il primo storico austriaco e il secondo scrittore e attivista australiano, a primo impatto non condividono molto e invece, e questa è la magia, sono molto simili. Entrambi ebrei, entrambi con famiglie sfuggite alla Shoah, i due sono stati ospiti della città veneta per un lungo periodo, per scrivere e soprattutto ripensare il ghetto nei 500 anni della sua fondazione. E proprio nella nostra attuale crisi sociale, in cui forse ci sembra di vivere in un ghetto, la loro riflessione, e i loro libri, diventano uno spunto di riflessione essenziale. Per ritrovare una democrazia, per imparare ad essere cosmopoliti.
Sempre di crisi e di momenti distopici ci parla anche Garth Risk Hallberg, la superstar del momento. Giovanissimo scrittore americano che con Città in fiamme, il suo primo romanzo, sta conquistando un pubblico vastissimo. Quasi mille pagine per riflettere sul presente attraverso una storia ambientata negli anni ’70.
Ma facciamo ora un tuffo nella poesia e attraverso tre autori, conosciamo tre mondi diversi ma accomunati dall’oppressione (attuale o passata): Palestina, Corea e Sud Africa. Loro sono Nathalie Handal, Kim Kwang-Kyu e Roger Lucey. Versi, parole, musica, magia. Emozioni. E’ ciò che fa la poesia, è ciò che ci aiuta a riconciliarci con noi stessi, con il diverso.
Il viaggio continua verso est, e incontriamo Radka Denemarkova, autrice Ceca, che con il suo durissimo romanzo I Soldi di Hitler scopre con coraggio alcuni scheletri nell’armadio della sua terra natale. Colpisce dura con le sue parole, con la sua critica per arrivare al fondo delle cose, per disseppellire la verità. Perché è convinta che la risposta ad Adorno sia “no, si può scrivere dopo l’olocausto, ma bisogna trovare un linguaggio nuovo, scegliere una lingua diversa”. E lei come autrice sceglie storie e parole crudeli perché non è “il dottore, io sono il dolore, i miei libri sono il dolore”.
E dopo questo incontro che ribalta le prospettive il percorso continua verso l’Europa del nord, nella Finlandia di Rosa Liksom che propone un mondo di confine, tra la Scandinavia e la Russia, tra storie sporche e silenzi ghiacciati. Tutto da scoprire.
Da un paese freddo a un altro, arrivando in Canada per conoscere Ann-Marie MacDonald. Una forza della natura, sceneggiatrice per il teatro, scrittrice, madre, attivista. Nella sua leggerezza, nelle sue battute, si svela una donna forte, una donna lottatrice dotata di un incredibile talento e un gran senso dell’umorismo. Imperdibile!
Si ritorna nel mondo della poesia, prima con Lamberto Pignotti, mitico poeta italiano, tra i fondatori e ideatori della sperimentale poesia verbo-visiva, che mescola stili, arti e codici.
Meraviglioso il video iniziale, un pezzo di repertorio del ’63 appena riscoperto.
La poesia poi si sposta ad est, con Antanas Jonynas, Lituano, Juri Talvet, Estonia e la meravigliosa Ana Blandiana, un classico della letteratura romena. Versi alla ricerca di libertà.
Più contemporanei e di taglio giornalistico è il lavoro di Okey Ndibe, autore di origine nigeriana e Frank Westerman, olandese. Il loro dialogo è incredibile, i loro romanzi e le loro voci si intrecciano, in una conversazione che ci porta a capire che tutto il mondo è fatto di storie che bisogna liberare “the angel from the rock” e ascoltare, meravigliarsi e comprendere. La nostra società è fatta di narrazioni ma se le narrazioni malvagie sono destinate a fallire quelle che ci elevano lo spirito dureranno per sempre, ed è questo il compito della letteratura.
Il finale è tutto di Paco Ignacio Taibo II. Scrittore, attivista e giornalista messicano. Baffo, t-shirt e sigaretta sempre in bocca. Intelligente, divertente, critico, realista. Come descriverlo? L’ora con lui è un’ora di risate e riflessioni. Pura energia.
La rivoluzione con lui è possibile.
Di questi tre giorni intensi (e in cui non ho potuto seguire tutti gli incontri – sono umana anch’io) rimangono tanti pensieri, tanti sorrisi, incontri straordinari (soprattutto l’abbraccio di Nathalie Handal!), la magia dei libri. Perché in fondo la letteratura avvicina paesi e culture, ti fa vivere sospeso eppure ti fa conoscere meglio la realtà. Attraverso di essa si vivono innumerevoli vite.
Quindi grazie agli organizzatori per questa splendida edizione del festival. Ci vediamo il prossimo anno!
Stefania Grosso