E finalmente il seguito tanto atteso di The Handmaid’s Tale, The Testaments, è tra noi.
Sono passati più di vent’anni tra un libro e l’altro, ma Margaret Atwood non ha perso il suo spirito, il suo stile e un acutezza di pensiero unica. E forse in questo The Testaments troviamo anche un po’ di ironia.
Avevo trovato The Handmaid’s Tale geniale: l’atmosfera, la scrittura che si adatta al personaggio, la storia così pressante su di noi. Ma devo dire che con The Testaments, Margaret Atwood ha fatto ancora di più, ci ha calati in un mondo che già conosciamo e l’ha rivoltato.

Dunque torniamo nelle atmosfere cupe e distopiche del regime di Gilead, ma questa volta passiamo anche il confine con il Canada libero, e ci immergiamo dentro le sale del potere con Aunt Lydia. E poi seguiamo Agnes e Daisy, ma anche Becka e il MayDay. Ed inseguiamo un’ombra che forse è Offred.
Insomma, a ragione ha vinto il Booker Prize e giustamente riceve il trionfo che merita. Certo, ne vorrei di più, vorremmo tutti di più, ma anche le storie migliori finiscono. E ci lasciano degli insegnamenti. In questo caso, The Testaments insegna a reagire al potere ma ci mostra anche come si cade dentro di esso e come si diventa protagonisti all’interno di esso. Un monito per il futuro.
Stefania Grosso