Sette Brevi Lezioni di Fisica è uno dei saggi più stimolanti e appassionanti sulla fisica che potessero mai essere scritti.
Lo conoscerete sicuramente, anche se non l’avete letto. Gironzolando per le librerie – quando il Covid-19 non gironzolava funestamente tra noi esseri umani, – era facilissimo imbattersi in questo librettino pubblicato da Adelphi, vestito dell’iconica copertina color carta da zucchero.
Sette Brevi Lezioni di Fisica è il saggio che ha fatto conoscere ai più Carlo Rovelli, fisico di origine veronese, ma che parla come un nativo francese dalla cadenza italiana quasi perfetta. Rovelli è un grandissimo divulgatore di una materia tanto affascinante quanto ostica. Se nel 2007, al tempo dei miei studi liceali, mi avessero detto: “aspetta solo qualche anno e leggerai un saggio sulla fisica,” la mia unica reazione sarebbe stata una risata deflagrante e lo sdegno più assoluto nei confronti di quella frase. A scuola ho sempre odiato le materie scientifiche, e anche se negli ultimi due anni ho incontrato una professoressa che ha creduto nelle mie capacità di comprendere e risolvere gli studi di funzione invece di trattarmi a pesci in faccia, io e quella stessa professoressa abbiamo dovuto gettare la spugna sulla fisica. Non ce la facevo, era più forte di me.
Poi gli anni sono passati ed è arrivato lo stupendo saggio di Carlo Rovelli, un saggio che parla ai non addetti ai lavori e che apre le porte di una disciplina tanto interessante quanto ispiratrice di angoscia e meraviglia. Dalla teoria della relatività ai buchi neri e la teoria del calore, passando per la teoria dei quanti, la struttura e l’origine del cosmo e le particelle, Rovelli ci accompagna in un percorso che ci mostra quanto sappiamo e quanto ancora non riusciamo a spiegarci della realtà tangibile che ci circonda.
Mostrandoci come la materia sia tale grazie alla relazione e che questa dunque venga prima dell’essere, anzi sia condizione necessaria all’essere, Sette Brevi Lezioni di Fisica diventa una riflessione filosofica che ridimensiona e mette in prospettiva la visione antropocentrica che domina la nostra cultura. Ma allo stesso tempo ci permette di capire che sì, siamo un infinitesimo frammento di quell’infinito spazio che ci circonda, ma che la nostra curiosità è tale da poter creare delle formule che descrivono quel mondo e che, raccontate da Rovelli, assomigliano quasi alla poesia.
Giorgia Damiani