Il Clochard – Giovanni Cugliari – Parte Tre

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Siamo al finale prorompente della short story pulp di Giovanni Cugliari, il Clochard

Feci le dovute presentazioni e poi chiesi di Dalia. Giulia mi informò che sua sorella stava dormendo nella sua stanza da letto e che si era raccomandata di non essere svegliata fino all’ora di cena.

 ̶  Allora?  ̶  esordì Giulia offrendoci da bere  ̶  Dove vi siete conosciuti?

 ̶  Non credo sia così interessante.

 ̶  Perché?  ̶  domandò Walt. Il vecchio strizzò l’occhio a Giulia, si alzò in piedi e prese a gesticolare e a parlare come fosse davanti ad una telecamera che registrava uno show televisivo.

Giulia rimase stupita dall’entusiasmo che Walt gli riservò nel raccontargli la nostra storia, mentre io ne rimasi seccato.

Walt tralasciò la parte del tatuaggio e colorì con fatti che non erano accaduti la nostra piccola giornata. Io mi trattenni dal correggerlo. Cosa importava? Tra poco sarebbe diventato un pasto come un altro per la mia amata.

 ̶  Wow!  ̶  esclamò Giulia  ̶  Sei un duro allora tu!

 ̶  Li vedi questi?  ̶  Walt si spogliò e mostrò i bicipiti.  ̶  Questi hanno messo al tappeto più stronzi di quanti ne abbia messo giù Mike Tyson.

Mentre sponsorizzava i suoi muscoli notai il trucco su Giulia sciogliersi e colare giù per la fronte e le guance.

̶  Ti si sta sciogliendo il trucco.  ̶  le dissi.

 ̶  Oh mio Dio.  ̶  Giulia si fece prendere dal panico.  ̶  Vado subito in bagno a sistemarmi. Scusate.

 ̶  No aspetta perché?  ̶  domandò Walt  ̶  Sei tra persone che ti vogliono bene. Fregatene. Vero Patrick?

Esitai a rispondere. Giulia mi guardò impaurita.

 ̶  Vero Patrick?  ̶  insisté il vecchio.

 ̶  Ma certo! – dissi io sforzandomi di apparire sincero.

 ̶  Ok va bene ragazzi, faccio come dite voi.  ̶  Giulia sorrise e obbedì.

Riprendemmo a chiacchierare e a bere come tre vecchi amici fino a quando non ci interruppe la suoneria del telefono di Giulia.

Rispose e scappò fuori in balcone per non dover confondere la nostra voce con quella dall’altra parte del telefono. Lasciò la porta del balcone appoggiata e io e Walt potemmo sentire alcuni tratti della conversazione.

 ̶  Sei sicuro?…E quando te lo hanno detto?…Quando inizio?….É fantastico Carlo! Sono al settimo cielo!…Grazie, grazie, grazie.

 ̶  Bhe che è successo?  ̶  le domandai come mise piede in casa.

 ̶  Mi hanno preso Patrick! – esclamò lei.  ̶  Mi hanno preso come maestra all’asilo che c’è vicino al comune.

 ̶  Ma non dovevi superare l’esame prima?

 ̶  L’ho passato Patrick! Ho fatto novantacinque punti su cento!

 ̶  Proporrei un brindisi a questa giovane donna e al suo splendente futuro.  ̶  urlò Walt alzando il bicchiere al cielo.

Giulia corse ad abbracciare Walt, il suo viso si distese, quasi si rendesse conto solo in quel momento che fosse riuscita in quella che per lei sembrava un’impresa. Un sorriso le si illuminò in viso e Walt ne approfittò per farla ballare. La portò come un cavaliere porta la sua dama prediletta e lei lo fissò come fosse il suo angelo custode.

Si voltò verso di me, gli occhi che brillavano di gioia e mi fece un sorriso.

Esitai un momento. Vederla tra le braccia di Walt felice come una bambina non lo avevo messo in conto. Feci un sorso di vino dal bicchiere. Poi mi arresi, misi in un angolo la sensazione di sentirmi superiore a lei, mi alzai in piedi e andai ad abbracciare entrambi. Giulia mi accarezzò una guancia. Poi una voce tuonò, rauca, per tutta la cucina e ruppe il nostro piccolo momento di gioia.

 ̶  Oh ma che bel quadretto! – Dalia apparì davanti a noi con una smorfia di disgusto disegnata sul viso.  ̶  Cosa si festeggia?

Io e Giulia ci scambiammo uno sguardo, leggendo entrambi l’orrore negli occhi dell’altro.

 ̶  Giulia ha trovato lavoro.  ̶  dissi.  ̶  Ha superato l’esame e le hanno proposto di insegnare all’asilo che sta di fianco al comune.

 ̶  Oh ma è fantastico!  ̶  esclamò Dalia. – E ditemi come mai non sono stata resa partecipe di questo momento di gioia? Sono o non sono sua sorella maggiore?

 ̶  Avevi detto che volevi dormire…  ̶  sussurrò Giulia.

 ̶  Ah già, hai ragione, che stupida . In questo caso proporrei un brindisi.  ̶  Dalia ci superò facendosi spazio, afferrò la bottiglia di vino e incominciò a versarlo in uno dei bicchieri.  ̶  Prima di tutto a mia sorella! Che finalmente ha raggiunto il primo dei suoi due obiettivi nella vita.

 ̶  Di cosa parli?  ̶  domandai.

 ̶  Come non lo sai tesoro? Il secondo sei tu.

Mi girai verso Giulia che facendo finta di niente piantò gli occhi sul pavimento.

 ̶  Poi  ̶  riprese Dalia.  ̶  Voglio fare un brindisi a Patrick! Che anche stavolta è riuscito a procurarmi la cena. Bravo tesoro.

Mi girai involontariamente verso Walt. Mi sentii andare a fuoco il viso dalla vergogna.

 ̶  Di che cazzo state parlando?  ̶  ringhiò.

 ̶  Non l’hai ancora capito?  ̶  fece Dalia.  ̶  Tu sei la mia cena! 

̶  La tua cena?

Dalia scoprì i denti e questi si protesero e affilarono fino all’estremità opposta della bocca. Le pupille dei suoi occhi si dilatarono e si circondarono di chiazze rosso sangue.

 ̶  Oh Cristo! – Walt indietreggiò spaventato e guardandosi intorno cercò qualcosa con cui potersi difendere.

 ̶  Dalia prova a ragionare  ̶  le suggerii avvicinandomi di qualche passo.  ̶  Ci deve essere un altro modo per risolvere questa situazione.

Giulia si appiattì dietro di me per nascondersi.  ̶  Non voglio vederla Patrick. Non ce la faccio.  ̶  mi sussurrò nell’orecchio.

 ̶  Stai calma.  ̶  le risposi.

Dalia si voltò e alla vista della mia mano che incontrava quella di Giulia si infuriò e mi si gettò addosso con le grinfie che miravano il mio collo. Mi scagliò a terra e cercò di affondare le sue zanne nella mia carne.

Mi opposi cercando di spingerla via ma la sua forza era molto superiore alla mia.

 ̶  Lascialo stare!  ̶  gridò Giulia che nel frattempo si era spostata.

 ̶  Tu sei mio! stridette Dalia. Mi sollevò la testa dal collo e la sbatté contro il pavimento. Bum! Bum! Bum! Alla terza persi i sensi e riuscii solo a notare la faccia disperata di Giulia, le lacrime che serpeggiavano sulle sue guance e le mani sugli occhi per cercare di non assistere alla mia morte.

La vista mi si annebbiò. I ricordi di quando ero piccolo mi attraversarono la mente. Abbandonai il capo sul pavimento e chiusi gli occhi. Era tutto finito.

Anzi no.

Passarono forse i trenta secondi più lunghi della mia vita ma in quei trenta secondi una scossa scatenata dall’orgoglio e dalla voglia di non mollare mi rianimò. Forse l’idea che fossi l’unico che poteva fare qualcosa mi obbligò a tirarmi su.

Quando mi rimisi in piedi facendo leva con le mani sul pavimento Dalia stava attaccando di nuovo Walt. I suoi denti gli avevano lacerato il braccio sinistro che grondava sangue. Un diretto di Walt esplose sul volto di Dalia ma questi sortì l’effetto di un solletico spingendo Dalia ad arrabbiarsi ancora di più.

Giulia si era raccolta in un angolo coprendosi la faccia per non guardare.

In quel momento riunii tutte le forze che avevo dentro di me e mi calai verso Dalia scaraventandola a terra.

̶  Ancora tu?  ̶  tuonò lei.

Le strinsi le mani intorno al collo facendole mancare il respiro. Volevo giusto farle sapere cosa si provasse in quella circostanza. Walt si precipitò alla ricerca di qualcosa per colpirla e tornò con un coltellaccio trovato in uno dei cassetti della cucina.

̶  Taglia la testa a questa Troia Patrick!  ̶  Mi allungò il coltellaccio, ma come lo afferrai la stretta su Dalia si ammorbidì dandole la possibilità di riprendere fiato. Dovevo colpirla prima di perdere completamente la presa.

Dalia trasalì.

̶  Pensaci bene amore mio.  ̶  Aveva ritratto i denti dentro le gengive e la sua faccia aveva di nuovo preso sembianze umane.  ̶  Tu e io finalmente soli. Potrai avere quello che hai sempre desiderato. ̶  Si strappò il vestito all’altezza del petto e mi mostrò il seno. Non abbiamo bisogno di loro. ̶   Lo avevo sempre avuto sotto gli occhi ma solo in quel momento collegai il tatuaggio che aveva appena sopra il capezzolo con la sua brama di carne umana in cambio dell’eterna giovinezza. Il tatuaggio ritraeva una lingua di serpente che saettava fuori da una bocca.

̶  Uccidila Patrick!  ̶  insisté Walt.

̶  Non ascoltarlo tesoro, ascolta il tuo cuore  ̶  mi appoggiò una mano sul petto e mi fece notare come esso rimbombasse come un tamburo.

̶  Patrick ti vuoi decidere Cristo Santo?

Allontanai il coltello dalla gola di lei con un gesto arrendevole. I suoi occhi si inumidirono e il suo sorriso dolce si divorò tutta la rabbia che avevo accumulato nei minuti precedenti.

Smontai dal suo corpo e mi rimisi in piedi. Walt mi guardò attonito.

All’improvviso sentii il braccio prudermi alla stessa maniera di quando Denise aveva finito di tatuarmi quel maledetto coso. Mi tirai su la manica del maglioncino e lo vidi lampeggiare come una lucciola in una notte scura. Il Disegno sprigionò una qualche forma di aurea colorata che mi avvolse da capo a piedi come una armatura mistica.

̶  Avanti cosa aspetti?  ̶  Dalia si drizzò a sedere.  ̶  Uccidi il vecchio. Poi alla mia sorellina ci penso io.

Strinsi forte il coltello tra le mani e puntai in direzione di Walt.

Walt sollevò le mani facendo segno di stare calmo.

̶  Non fare sciocchezze ragazzo.

̶  Ho la faccia di uno che vuole fare sciocchezze?

̶  Bhe non hai una bella cera se devo essere sincero.

̶  Non sei tu che dici che la bellezza non è poi così importante?

̶  Si ma qua non è questione di bellezza. Qui stiamo parlando di follia.

̶  Follia?

̶  Basta! Se non lo uccidi tu ci penso io!  ̶  mi ammonì Dalia.

̶  Sai avevate ragione tu e Denise.  ̶  Mi concentrai su Walt avvicinandomi e iniziando a sollevare il braccio per colpirlo.

Poi mi voltai sorprendendo Dalia e la colpii con il coltellaccio.

Affondai la lama nel collo, sotto il suo orecchio sinistro; il sangue mi schizzò sulla faccia per poi riversarsi sul pavimento e sui mobili attorno.

Dalia emanò un grido, contorcendosi come una serpe sotto la pianta del piede di un gigante; le sue labbra si ritrassero in una smorfia tra il dolore, lo stupore e la sconfitta.

Tirai fuori il coltello dal suo collo e la colpii ancora. Fino a che lei non si arrese per terra, cercando, con le mani, di contenere le ferite.

La osservai dimenarsi con la consapevolezza di aver colpito anche una parte di me. Soprattutto una parte di me.

Sentii Walt tirare un sospiro di sollievo e abbandonarsi contro il muro alle sue spalle.

Dopo qualche secondo si alzò in piedi e si avvicinò.

Mi mise un braccio intorno al collo e mi disse:  ̶  Hai fatto la cosa giusta ragazzo.

̶  Già.  ̶  annuii e mi voltai verso Giulia.

All’improvviso sentii il corpo di Dalia riemergere dal pavimento come un vampiro dalla sua tomba. Trasalii mettendomi subito in posizione di guardia. Ma fu un falso allarme. Dalia ricadde su sé stessa esalando il suo ultimo respiro.

̶  Dammi qua!  ̶  mi fece Walt strappandomi il coltello dalla mano.

Si avvicinò al corpo di Dalia, prese la mira e con entrambe le mani la decapitò.

̶  E ringrazia che non sono anche io un cannibale. Altrimenti sarei io a farti arrosto con le patate.

Walt mi strappò un sorriso. Mi strizzò l’occhio e mi fece segno con la testa di andare da Giulia.

Il sole rifletteva negli occhi di Giulia facendoli brillare.

̶  Allora, cosa preferisci? Cioccolato o crema?  ̶  Giulia mi allungò il menu.

 ̶  Cioccolato.  ̶  risposi.

La cameriera venne a prendere l’ordine.

̶  Per una volta non ti devi far pregare per farti offrire una cosa da me

̶  Oggi sono di buon umore.

̶  Era ora.

La mattina del trentuno ottobre mi svegliai con un mal di testa di dimensioni gigantesche e un senso di nausea che feci fatica a capire da dove provenisse.

Provai a bere un sorso d’acqua ma dovetti costringermi per buttarla giù. Aveva un sapore sgradevole, eppure avevo comprato la confezione solo pochi giorni prima. Mi trascinai davanti allo specchio e mi spalmai la schiuma da barba sul viso.

Gli occhi mi bruciavano ancora dal sonno e facevo fatica a mettere a fuoco gli oggetti.

Quando la vista mi tornò notai che la pelle sulla fronte e sotto le palpebre aveva perso qualche tonalità di colore. Era scavata da rughe e stava diventando sottile e raggrinzita.

̶  Senta sa se Denise è in casa?  ̶  chiesi cortesemente ad un uomo che passava di lì. Mi trovavo nel palazzo dove qualche giorno prima Denise mi aveva tatuato il cavaliere che armeggiava la spada.

̶  Chi la cerca?

̶  Un suo amico. Ho un problema. Devo chiederle un consiglio.

̶  Ha fatto le valige ed è scappata con un vecchio. Non ha lasciato detto altro.

̶  Un vecchio?  ̶  domandai sospettoso.

̶  Si, un vecchio ubriacone.

̶  Ha per caso il suo numero di telefono? Della donna intendo.

̶  No ma se cerca ragazze per divertirsi ne può trovare quante ne vuole qui. Basta guardarsi intorno.

̶  Va bene, grazie.

̶  Perché mi guarda così?  ̶̶  L’uomo allargò gli occhi spaventato e fece un passo indietro.

̶  Mi perdoni, mi è venuta una fame che non credo di poter riuscire a controllare.


Vanni Cugliari nasce il 19 settembre del 1990. Deve il suo nome d’arte, diminutivo di Giovanni, al padre che per richiamarlo alla sua attenzione era solito urlargli: “Vanniiiiiii!”

In realtà il padre lo chiamava spesso anche Nanni, soprattutto quando si rivolgeva a lui con toni più amichevoli.

Dopo aver trascurato gli studi ed essersi diplomato con il minimo dei voti all’ITIS di Racconigi, a causa di una fortissima acne, che lo ammazzava emotivamente, incomincia a lavorare coltivando il sogno di farsi desiderare dalle ragazze nei locali notturni.

Una serie improvvisa di eventi negativi(donne, lavoro, conflitti sociali) lo fanno scivolare in un buco nero, dal quale riuscirà ad emergere, iniziando a leggere e accarezzando l’idea di diventare uno scrittore.

Non perde occasione di ammettere che a salvargli la vita è stato il vecchio Hank, meglio conosciuto come Charles Bukowski.

Le letture del vecchio sporcaccione lo aiutano ad accettare i momenti bui e tristi oltre che a passargli più di uno strumento, come sostiene l’autore, sul mestiere di scrivere.

Non si risparmia quando deve andare contro corrente.

Pochi giorni fa è stato sospeso dall’incarico di Cronista per Sprint e Sport. Lui presume che il motivo sia stato affermare su Facebook, dopo l’ultima partita prima che sospendessero i campionati dei dilettanti, che sperava di aver contratto il Covid per avere una scusa valida per non battere la cronaca dell’ultima partita.