Short story d’amore e resistenza, in un mondo che crolla
Cadevano le bombe dal cielo l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore. Fu l’ultima volta che i nostri corpi trovarono piacere nelle mani, nella pelle, nei baci. Cadevano spesso le bombe nell’ultimo periodo e non ce ne curavamo, cullate dal nostro amore e dai nostri sogni. In realtà iniziarono a cadere verso l’alba, quando ormai mi stavo addormentando. Non sentii nemmeno le sirene ma quando mi risvegliai per l’odore di fumo lontano e qualche grido spezzato, Reza non era a letto.
Trovai solo il suo biglietto, sono alla radio, a dopo, ti amo, e niente più. Non so se le cose precipitarono nelle ore dopo o in realtà stavano già precipitando da ore, mesi, anni e semplicemente nella follia dell’amore, negli ideali di chi lotta, nelle nostre speranze non ci eravamo accorte di niente. O forse è solo così che va il mondo. So solo che l’aspettai per ore quel giorno, mentre il fumo perdeva intensità, mentre le urla anche si spegnevano. Avevo sempre pensato che l’impegno per un mondo diverso – l’attivismo lo chiamavano prima che esplodesse il caos totale -, la lotta, il diffondere messaggi di speranza alla radio, fossero comunque il nostro scudo contro di loro. E così mentre aspettavo (solitamente alla radio non rimaneva più di qualche ora), scrivevo i miei pezzi da pubblicare sul giornale. Giornale che ovviamente non era accettato, ma che ci volete fare, sono tempi in cui difficilmente le cose vengono accettate. Ed era l’unico modo che avevo di esprimermi. Raccontare quel che vedevo ogni giorno dalla finestra, tra i rottami dei ricchi, la depressione dei ragazzi e le malattie che si insinuavano in noi. Dunque andava bene così, anche se era carta recuperata dalle macerie su cui scrivevamo poche righe da distribuire in giro (è un giornale comunque, vero, voi lo sapete).
Mi resi conto al calare del sole che qualcosa non andava. La quiete forse? Nessun allarme, nessuno schermo acceso nel quartiere. Reza non sarebbe tornata. Non so perché mi balenò in testa quel pensiero, eppure era così reale, il senso di sospensione, il senso di oppressione. Se non avessi fatto quel pensiero Reza sarebbe ancora qui? A volte, nel buio in cui si precipita, non rimane che appigliarsi a questi voli della mente, immaginare come e cosa sarebbe stato se in quell’istante chissà, mi fossi svegliata per fermarla, non avessi avuto paura, non avessi fatto quel pensiero. Se fossimo nate nella parte giusta del mondo. Non avrei ora tra le braccia il suo corpo spezzato. Non avrei ora in mano un cuore morto.
Ed invece al buio registro queste parole, parole che come sempre vanno a lei, come sempre è stato fin dal primo giorno, fin da prima ancora, quando solo ci guardavamo da una finestra all’altra, senza parlare, comunicando con i sogni.
E vanno a tutti voi che ancora amate e che quindi resistete, nonostante tutto. E mentre il mio cuore cade con lei, le mie parole resistono, per voi.
Per ogni bomba c’è una barricata, per ogni morto risorgiamo, i fiori son sbocciati i fucili imbracciati.
S
foto di Caspar Rae su Unsplash.