Un mondo di porcellana
Danza di rondini,
crea forme gioiose.
E sotto,
le arterie della terra sinuose,
serpeggiano, sibilando vita.
Che sboccia in fiori,
tavolozze di colori,
dipingendo l’orizzonte,
fino ad accarezzare il cielo,
su verso l’infinito.
E il sussurro del vento
accompagna le foglie
in un tango d’amore.
Dal fuoco all’acqua,
dalla terra all’aria.
Attenti!
Vi prego,
non fate cadere
questo mondo di porcellana.
*
La guerra…
La guerra…
Pupille di terrore
affogano in lacrime bambine,
di incubi senza fine
intrappolati in labirinti di torture.
La guerra…
Futuro in decomposizione
alitato da belve di sterminio,
in un presente di distruzione
stritolato da sete di dominio.
La guerra…
Insana
esistenza
nella decadenza
umana.
*
Minatori
I nostri nonni furono minatori,
lo stesso fecero i nostri padri,
e adesso anche noi e le nostri madri.
Famiglie di sveglie alle 05:00 del mattino,
di polvere ad assediare i pori,
a conquistare i polmoni.
Con le ossa schiacciate
dal peso del minerale,
dalla leggerezza della paga,
senza protezione,
senza il riposo canuto
di una pensione.
E ore di occhi bui a metri sottoterra,
bruciati da pochi minuti di sole,
a pregare che i crolli e il gas,
non vengano a dare l’estrema unzione.
Città intere a seppellire i propri cari,
a seppellirli sempre più in fondo,
a lasciare arti in miniera,
a morire abbandonati
nei boschi intorno.
E quelli che lottano per i diritti,
a prendersi le offese,
licenziati, lasciati soli.
Ma la nostra tristezza sta nel guardare
i nostri figli al cambio del turno…
Li mandammo a scuola, illudendoli di un sogno.
Dal laureato al diplomato,
a chi non ha ancora un pelo,
gli occhi scintillanti, scambiandoci un saluto,
con la paura che sia l’ultimo.
E lo conosciamo quel triste destino:
passare nei bar le poche ore di libertà,
cercando segni di futuro, nel fondo
del bicchiere di velenosa realtà.
*
Sola
Chissà se ti aspettavi
sarebbe finita così,
quando lasciavi contare l’emozione
dal ticchettio delle ore.
Se immaginavi
la rapidità con cui
appassisce l’inganno
dei petali di rose.
E se quel futuro,
sogno di giorni incantevoli,
potesse essere un presente
così violento,
o potesse mutare in un passato,
ormai, naufragato
nel profondo mare rosso.
Chissà se pensavi,
quando i tuoi occhi si sfocavano,
fissando quell’ombra d’uomo,
a tutti quelli che non hanno ascoltato
il tuo dolore, la tua paura, le tue preghiere,
che non ti hanno creduta,
o a quelli che lo hanno fatto,
ma lo stesso, ti hanno lasciata sola.
*
Andrea Abruzzese nasce a Foggia, città nella quale vive, il 27/04/1989.
Scrive poesie dall’età di 14 anni, alcune delle quali sono state pubblicate sui siti:
“L’Altrove – Appunti di poesia”, “Poetarum Silva” , “Poesie sull’albero”, “La Nuova Rivista Letteraria”, “L’Ottavo”, “Leggere poesia” e “Intermezzo Rivista”.
Altre sono state commentate sul sito “Poesia del nostro tempo”, all’interno della rubrica “Laboratori di poesia”.
Inoltre alcune sue poesie sono state pubblicate all’interno della rubrica “La Bottega della poesia”, del quotidiano “La Repubblica