Poesie di Elisa Malvoni

Poesie di Elisa Malvoni

Una selezione di inediti della giovane poetessa Elisa Malvoni

Ho sostenuto la fatica

Ho sempre sostenuto la fatica
di rientrare nel gioco della vita
normato dalla regola formale.

Ogni mattina mi sono svegliata
allettata oltre il bordo campo
come scossa da una pallonata
e sono rientrata dalla panchina.
Non sono mai stata in partita.

Mi davano istruzioni confuse.
Così ho sviluppato l’equilibrio
e ho allenato in me l’arbitrio
con cui avrei separato da grande
l’autenticità dalle propagande.

Hai detto che “sembravo così seria”
era già in faccia la mia storia
avvenuta come un’intemperia
per aver affrontato la fatica
pur di stare al gioco della vita.

Siamo rimasti senza maestri

Possiamo soltanto declinarci
nella composizione migliore
come riusciamo a immaginare
approssimandoci per errore.
Li avevamo stimati
per le loro lezioni binarie
di bene e di male
elementare
pietre su cui fondarci.

Letto per intero il breviario
siamo rimasti senza maestri
memorizzato il formulario
siamo rimasti senza esempi.

Klara e il sole

Gennaio 2022 – L’azienda russa Promobot, produttrice di robot umanoidi,
seleziona persone alle quali promettono 180.000 euro per acquisire i loro
diritti di immagine, quindi replicare la loro voce, espressioni e fattezze su un
robot. La notizia ricorda il romanzo “Klara e il sole” di Kazuo Ishiguro, in
cui Klara, un androide con le sembianze di ragazza, viene selezionata da una
bambina in qualità di amica del cuore. Quando esce dal negozio di
elettronica, per Klara inizia la vita, una delle tante possibili da un androide
con le sue stesse caratteristiche.


Per euro 180 mila
ti vendo il diritto alla vita
e il diritto a vita
sui miei tratti e la mia voce
da replicare in migliaia di copie,
e mi sembra un guadagno mille volte
che tu sopravviva a me stessa
più a lungo incorrotta e bella
in un’altra e un’altra gemella,
una per ogni mia vita parallela
in questo universo ineguale,
tu capolavoro di genetica digitale.

Fermo la ruota

Sono un tralcio senza acini,
un’appendice d’intralcio.
Così mi stacco e mi conficco
nella rotella prima che mi macini
per sfuggire alla legge sinusoidale.

Sono una linea irregolare,
mi sposto in punta di penna
nello spazio tridimensionale
dell’area disadorna immensa
in controtempo, in levare.

Non lo solleverà un verbo di moto

Proseguire per voi è lieve:
avete Google, è così pratico,
avete la strada più breve,
il completamento automatico,
la risposta pronta
e anche la domanda.

A lui la cognizione giunge al buio,
la aspetta disteso sul divano
dove si è immerso nudo
come in uno stagno tiepido
a far germogliare piano
il suo pensiero inedito.
Lo sta incubando nelle povere stole,
fra la felpa infeltrita e la coperta,
non lo solleverà un verbo di moto.
Alle vostre scomode parole
cambierà posizione, solo un poco.


Grazie, ma non voglio

Grazie, ma non voglio
essere la donna forte che ci riesce.

Io vorrei essere
una persona mediocre come nasce,
come lui che sorride confidente
mentre cala la mano sulle cosce
e sorride ai miei piccoli progressi
dall’alto, infinitesimi per sempre,
generoso con tutti i suoi difetti
e come lui debole da sempre
da non essersi mai scoperto debole.

Zero

Dormo male
perché il mio essere morale
si vergogna di sé
e ogni notte si vuole disfare
per ripartire da zero.

Zero è il peso della mia confidenza
se non salvo alcuna esperienza di me.

Sbagli da gigante

Riesco a immaginare quanto tu
ti senta goffo in cotanta statura
incubata da prima dell’anno zero
in un punto angusto, un buco nero,
in una gestazione senza misura.

Ti senti ancora poco confidente
nel tuo essere preadolescente
con un corpo sgraziato da manovrare
che per una grazia che fa avverare
dalle mani gli cade una disgrazia.

Sai che quaggiù sono frane di pendii
i tuoi bei vasi di terracotta rotti?
Il loro terriccio è zolle raschiate
e conifere dai massicci rasate,
e quando è troppa l’acqua di irrigo
dilava le erbe e i frutti dai campi,
fa rapide rovinose di un rivo
e ondate di carestie per anni.

Ogni volta che sbagli ti condanni,
t’immagino annullarti nel rimorso,
poi riprendere la lista dei fioretti
per ridare fede ai tuoi prediletti.

So che non hai chi ti dia un consiglio
per prenderti cura della creazione
né chi possa rimetterti qualche sbaglio,
e mi spiace che nemmeno tu avrai
salvezza in mancanza d’assoluzione.

L’estetica della resurrezione

A San Giovanni in Laterano
la cosmetica è materia teologica
e riscrive i canoni dell’estetica
per la stagione della resurrezione.

Avrà pelle vinilica,
sarà elastica e splendida,
sottile e impassibile l’anima bella
che ha mostrato devozione.

Staccherà da una rella
una seconda epidermide tirata
nell’espressione ceramica
dell’angelo ebete.

Ritratti, penna su carta

Ci volete presi a disseccare
lacrime di assilli bagnati
per grattarne via i precipitati
come sali buoni da leccare.

Più spesso siamo noi a osservarvi
nella vita dissolta tra gli umori,
per mezzo di strofe a disegnarvi
come foste geometria divina
nelle forme dei cristalli perenni
inscritti nella giustezza salina.

Limiamo detriti da millenni
con penne così fini che credete
di essere i diamanti più belli,
gli esseri superiori alle crete.

Un europeo cosmopolita

“Il mondo di ieri – Ricordi di un europeo” di Stephen Zweig è la struggente
autobiografia di uno scrittore poliedrico che affidò la sua formazione
all’umanesimo europeo. Sin dal ginnasio si affidò alle infinite possibilità di
crescita che sembravano volergli offrire la placida Vienna e l’Europa tutta. Le
leggi razziali lo costrinsero ad emigrare a Londra, a New York, infine in Sud
America, dove morì suicida, o forse per mano di nazisti brasiliani.
“Dal giorno in cui dovetti vivere con documenti o con passaporti
effettivamente stranieri non mi sono più sentito completamente legato a me
stesso. È rimasta per sempre distrutta una parte della mia naturale identità
con il mio io originario. […] Poco mi è servito avere educato per quasi mezzo
secolo il mio cuore a battere da cosmopolita, da citoyen du monde: il giorno in
cui perdetti il mio passaporto, scopersi a cinquantott’anni che perdendo la
patria si perde ben più che un circoscritto pezzo di terra.”


Avrebbe voluto
educarsi a riconoscere
la bellezza in tutti i modi,
a slacciarle i nodi,
e sconfinare
presentandosi con una lettera
e coi gradi massimi dello straniero
o sbucare nel mezzo del mondo
avanzandosi dai margini
dai nastri di confine
inosservato tra i nazionalisti
poi sotto le crinoline
e fra le scarpe degli stati illuminati
che si mischiavano in quadriglie.

Avrebbe voluto
sedersi al suo tavolino
al caffè di una capitale
a mangiare un piccolo pane,
un uovo e un cetriolino
su una pagina di giornale.

Elisa Malvoni è nata a Busto Arsizio nel 1985, ha iniziato a scrivere i primi versi negli anni delle scuole medie, ha poi ripreso lo studio e la scrittura della poesia nel 2018, dopo essersi trasferita nello scenario delle Dolomiti bellunesi. Ha vinto il concorso Il Mistero delle Cose, organizzato dalla casa editrice Temperino Rosso con la silloge poetica Generazione, pubblicata nel 2019.
Sue poesie sono state premiate e inserite in oltre 30 antologie, nelle riviste letterarie Ellin Selae e L’irrequieto, nei quotidiani La Repubblica e Buonasera Taranto, e nei blog letterari Sevenblog, Nessuno Legge, La Locomotiva e L’altrove. Due sue poesie sono state tradotte in spagnolo.
A Febbraio 2022 ha pubblicato con Bette Edizioni la silloge poetica C’è un sacco di spazio sul fondo, che, ancora inedita, aveva ricevuto menzione di merito al concorso Scaramuzza.
Elisa Malvoni cura il profilo Instagram elisa_malvoni, in cui condivide i suoi scritti e si impegna a proporre selfie migliori. Seguace della filosofia di Virginia Woolf per cui una donna che scrive ha bisogno di una stanza tutta per sé, con buona probabilità la potrete trovare nel suo studio.