Un’epidemia che non lascia scampo, un vento tossico come certe relazioni che ci stritolano: Melma Rosa di Fernanda Trías
Una cittadina del Sud America, sul mare, all’apparenza tranquilla. Ma proprio dal mare ci si renderà conto che il mondo finisce, quando un vento tossico non lascia scampo, se non si è svelti a fuggire.
In questo distopico mondo, la protagonista di Melma rosa di Fernanda Trías, edito da Sur, s’interroga sulla sua vita, sui suoi affetti e su cosa è disposta a lasciar andare. Potrebbe andarsene, ha risparmiato. Ma non può lasciare la madre, sebbene il loro sia un rapporto conflittuale. Non può nemmeno lasciare Max, il suo amore, ricoverato cronico per la malattia che affligge tutti. Anche se si sono lasciati, anche se la loro relazione era tossica quanto il vento. E poi c’è Mauro, il ragazzo di cui si prende curo, affetto da un’altra malattia incontrollabile.
Mentre le sirene annunciano il pericolo, mentre tutto attorno a lei si disgrega e il mondo finisce a pezzi, la nostra protagonista torna al principio, alla sua infanzia, alla fabbrica di scarti animali, ai suoi incontri e discorsi con Max, all’infanzia con la madre. E noi lettori ci confrontiamo sì con la catastrofe ambientale ma anche con quella umana. Se Trías ci mette in guardia sui pericoli del cambiamento climatico, allo stesso tempo di mostra i danni di una società sempre più alienata, con i rapporti umani sempre più fragili. Riusciamo a lasciar andare, a rimediare ai nostri errori? Riusciremo a salvarci?
In un racconto schizofrenico e avvincente, Fernanda Trías ci porta nell’abisso di un mondo condannato, in cui le scintille di speranza sono davvero rare.
Stefania Grosso