Doris Bellomusto – Poesie

doris bellomusto poesie inedite

Una selezione di inediti della poetessa Doris Bellomusto

L’ora delle cose impossibili

Se mi cercate,
sono nascosta
fra le lettere del mio nome.

Questo nome che mi spaventa a morte
quando si stende dalla prima all’ultima lettera,
ché non sembra mio e mi sembra
così stanco da voler sparire.
Sono nel vento che asciuga capelli e lenzuola;
nella mia fantasia infeltrita,
sulla punta della lingua,
pronta a sciogliersi
in baci e parola
per chiedere alle nuvole che ora è.
È l’ora delle cose impossibili.

Le parole

Sono l’ago e il filo dei miei giorni,
colla e nastro adesivo,
cemento e calcestruzzo,
mattoni e pietre,
sangue, acqua dolce
pane, preghiera
spergiuri e promesse
placenta, grembo,
latte di madre,
amplesso, nodo stretto
sentiero,
precipizio,
gorgo,
volo d’aquila,
aria, terra, fuoco
fonte battesimale.
Sono vento di scirocco,
un niente che tuona,
fulmine a ciel sereno,
le parole mi tradiscono
mi seducono
mi conducono altrove da qui
acquistano significato
nuovo e senza prezzo
si pagano
sottraendo verità a menzogne,
setacciando i giorni
per ricavare gli attimi, i minuti,
il tempo piccolo della felicità
muta.

Mare nero

Cambiano le cose
ad ogni istante
con piccoli tremori
tradiscono sempre
la parvenza e l’attesa.
Io non conosco casa
trasparente e immota
né occhi tristi
né sorrisi amari
che non nascondano
speranza disattesa.
Abito casa mia
con allegria incosciente,
ignoro il ragno,
il tarlo e tutto il tempo
nascosto nelle travi.
Cambiano le cose
all’improvviso,
oggi ho il viso buono
di chi sa che il mare
ogni notte è nero.

Le mie gambe

Sono zitelle bigotte
vestite di velluto
dipinte olio su tela
protette da cornice
oppure audaci donne
sfuggite al salotto buono
diseredate e libere.
Forse sono due gatte
acciambellate e stanche.
Certo stasera
nascondono fuoco e terra
legna da ardere
radici contorte nel folto del bosco.
Sono lo scrigno della mia stanchezza
custodiscono la fatica e l’inerzia
sono l’inserto della domenica
da leggere distrattamente
bevendo un caffè
amaro q. b.

Astolfo sulla Luna

Non mi basta mai
il cuore che divoro.
Inciampo nella fame.
Mastico sangue e pane
sapido, quanto basta
a sciogliere il ghiaccio
di ogni perduto sogno.
Astolfo sulla luna
mi accarezza le ginocchia,
lecca le ferite
da me dimenticate.
Guardo la terra da qui
e so di non esistere.

Muta preghiera alle formiche

Pronta a rompermi in lacrime
a stillare gocce di acqua e sale
sono un grumo di nervi accartocciati
e sogni andati a male.
Accantono gravi pensieri
di morte e mordo
di giorno sogni che non oso
sognare di notte,
sciolgo nodi stretti,
stringo patti eterni,
strattono il mio cuore
ovunque voglia il vento
svendo l’ozio in cambio dell’oblio,
resto intatta a dispetto del tempo,
consumo l’avanzo dei desideri
e tremo mentre raccolgo
fichi e nostalgie
dall’albero in giardino
ché non mi chiamo Eva
ma sono anch’io furtiva
e rubo al canto sincrono delle cicale
la mia muta preghiera alle formiche,
non voglio le provviste per l’inverno
ma una tana scura
ché ho troppa luce Intorno
e gli occhi stanchi
e il cuore trasandato.

Resto viva

Resto a riva
(anche oggi)
resto a sciacquare nella risacca
le domande retoriche
le risposte roboanti
gli assiomi del pensiero
gli assi nella manica
(quelli che non so giocare)
Resto qui sulla ghiaia
l’amore mi chiama
per nome e cognome,
resto sotto l’ombrellone
affastello parole
mi proteggo dal sole,
ma non ho nascondigli.
Ho solo versi
maldestri
e rime
abusate.
Resto viva così,
animale e madre
abbraccio il mare
ma l’amore
non si può afferrare.

A latere

Vivo al margine del foglio
a latere.
Al mio nome risponde nello specchio
un corpo di lettere e parole.
Do il buongiorno alle ortensie
e non so come annunciare
al giardino la mia partenza.
Vado a capo.
Scendo a sud.
A pie’ di pagina
sarò una breve nota
per un po’.
Al confine del mio tempo
dimenticherò le rose e il gelsomino
la passiflora e le ortensie
la salvia e il.rosmarino
il glicine, i gerani
le ore e i minuti
le chiavi appese all’ingresso
la casa e tutto il futuro che contiene.
Vado a vivere nel tempo sommerso dell’amore

Le figlie della luna

Non muore al tramonto
né nasce all’alba
il sole
presta la sua luce
al tempo
indifferente
al seme che germoglia
al frutto che matura
e alla paura
così è il mio sangue
linfa grezza fra cuore e ventre
germoglia sottopelle
un’altra identità
e ancora non conosco
la mia età.
Le figlie della luna
forse
sono ibride creature
bianche di latte
e nere di terra.

Doris Bellomusto si è laureata in lettere classiche presso l’Università della Calabria, insegna materie letterarie presso il “Liceo G. Pascoli” di  Barga, in provincia di Lucca, dove vive dal 2011. Non ha mai dimenticato né i suoi studi classici né le sue radici meridionali.  Dalle sue inestinguibili nostalgie sono nate le raccolte di poesie “Come le rondini al cielo”, edizioni “Tracce”, pubblicata nel Marzo 2020; Fra l’Olimpo e il Sud, Poetica edizioni, Luglio 2021; Nuda, Ladolfi editore, Giugno 2022.