Tra droghe, letteratura e vie di fuga, Rob Doyle analizza il sé e le possibilità umane
Confessioni di uno scrittore in bilico di Rob Doyle, in catalogo per 8tto Edizioni, è un romanzo-ricerca, in cui il protagonista, forse lo stesso Doyle per certi versi, si spinge al limite della sperimentazione per capire la sua stessa vita.
Il Doyle letterario si mette a nudo, con le sue paranoie, le sue scoperte allucinate, i suoi disagi. Vaga da un paese all’altro, tra Sud America, Asia ed Europa, portandosi dietro bagagli di avventure stupefacenti e delusioni e nevrosi.
Nel mentre insegue i suoi autori preferiti, cerca di scrivere un romanzo, si innamora e si ferisce d’amore, autoalimenta un carteggio con un interlocutore sconosciuto, che può essere una donna, la letteratura, il romanzo stesso. Il Rob di questa auto-fiction, auto-analisi, è tagliente, sa di poter far male (forse più a se stesso in fondo), eppure continua la sua ricerca per comprendere l’assoluto che governa il mondo. Che sia con l’aiuto di droghe psichedeliche (e l’elenco qui è lungo) o con l’aiuto dell’arte nelle sue più svariate forme, o con sfrenate serate techno a Berlino.
Confessioni di uno scrittore in bilico non è però solo il delirio di comprensione di uno scrittore, ma è anche il racconto di una generazione di intellettuali (e non) che vagano da paese in paese alla ricerca di una chiave di svolta, per trovare un equilibrio e allontanarsi dal baratro.
Rob Doyle consegna al lettore un romanzo arguto, delirante in certi punti, ironico e anche pieno di consapevolezza. Un ottimo viaggio dentro lo spirito dei tempi.
Stefania Grosso